7 - Frana di Prà e Lagunaz

. Inserito in Itinerario geologico valle di San Lucano

7 Frana di Prà e Lagunàz (812 m s.l.m.): Cronaca di una strage annunciata

Ottone Brentari nella sua “Guida Alpina di Belluno-Feltre, Primiero, Agordo, Zoldo” del 1887 così descrive il luogo in cui ci troviamo:

“Lagunàz: pittoresco gruppetto di una mezza dozzina di casette in riva al torrente, circondato da prati con molti ciliegi e proprio sotto la grandiosa spaccata che si interna nelle pareti delle Pale. Prà (ove finisce la carreggiabile), gruppo di case disposte in fila sotto la roccia. Campi e prati (granoturco, fagioli, segale e patate), in gran parte rovinati dalla piena del 1882. C’è una chiesetta con annesso il locale per la scuola. Bettola con vino ed acquavite.”

L’immagine che abbiamo davanti ora è completamente diversa ed è la conseguenza di due eventi: il più importante è la frana caduta nella notte fra il 2 e il 3 dicembre 1908 dalla Quarta Pala di San Lucano e più in particolare dal Pizet (quota 2100 circa), una massa di roccia che precipitando per 1300 metri nel fondovalle, travolse i villaggi, il secondo è l’abbandono della montagna e dell’agricoltura di sussistenza praticata nelle valli dolomitiche.

La frana di Prà e Lagunàz è contraddistinta da una storia particolare e molto significativa. Nella seconda metà del 1800, quando l’Agordino faceva parte del Regno Lombardo-Veneto, alcuni geologi della scuola di Vienna, percorrendo il Gruppo delle Pale di S. Lucano, avevano individuato una fessura aperta e parallela al versante su quelle che, nelle carte del tempo, erano identificate come Cime di Ambrosogn (ora i Pizet).

I valligiani erano stati avvisati del pericolo incombente e le autorità avevano disposto il loro trasferimento presso Listolade, in località Ronch de Buos, alla base del M. Framont. Gli abitanti di Prà e Lagunàz però non vollero abbandonare le proprie dimore, rafforzati nella loro convinzione quando, l’11 maggio del 1865, una frana di crollo proveniente dalla Lastia del Framont (2 vittime) andò a depositarsi nelle vicinanze del luogo scelto per la costruzione del nuovo paese.

Col Regno d’Italia, caratterizzato dalla “consueta sensibilità geologica” che contraddistingue le nostre classi dirigenziali, il rischio frana venne dimenticato e i valligiani vissero tranquilli fino a quella tragica notte, quando una parte del pilastro sospeso dei Pizzet, costituito da Formazione dello Sciliar, in apparenza massiccia, ma in realtà suddivisa da faglie e fratture, si staccò all’improvviso. Una massa di circa 200.000 m3 di roccia precipitando andò a urtare il costone roccioso ubicato a est del Van del Pez, si divise in due e il materiale frantumato dagli urti con le rocce, piombò sui due villaggi provocando 28 vittime e la distruzione dei villaggi.

Quarta di copertina della Domenica del Corriere del 13-20 dicembre 1908 dove viene raffigurata, in un acquarello di Achille Beltrame, la tragedia di Prà e Lagunàz (collezione Umberto Repetti).Quarta di copertina della Domenica del Corriere del 13-20 dicembre 1908 dove viene raffigurata, in un acquarello di Achille Beltrame, la tragedia di Prà e Lagunàz (collezione Umberto Repetti).

Sospeso, in alto è rimasto ancora un “naso” di roccia (volume 100.000 m3 Fenti 2009) minato alla base da rocce fratturate e circondato da un ampio crepaccio. Nel 2011 e nel 2012 il pilastro è stato interessato da piccoli crolli che attestano l’esistenza di un rischio permanente per la strada di Col di Prà. 

Ancora quattrocento metri e si giunge a Col di Prà costruito sull’unghia del conoide alluvionale del Torrente Bordina, in vista della parete Nord del Monte Agnèr.

Maggio 2010Maggio 2010
Novembre 2010Novembre 2010
Maggio 2013Maggio 2013

Cime dei Pizzet e Quarta Pala di San Lucano al di sotto dei Pizzet si scorge il pilastro di roccia che ha suddiviso in due parti la frana del 1908. La serie di immagini (maggio 2010, novembre 2010, maggio 2013) mostra l’evoluzione recente della frana. Nella prima immagine non c’è alcun segno di attività, la seconda documenta un modesto distacco, la terza un distacco più consistente che muta la forma della cima dei Pizzet (foto D.G.)

Vista della fessura perimetrale che delimita la massa instabile della Cima dei Pizzet (6 luglio 2010) (foto D.G.). Vista della fessura perimetrale che delimita la massa instabile della Cima dei Pizzet (6 luglio 2010) (foto D.G.).

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